Attività fisica e allenamento nella prevenzione e nella cura dei tumori

L’attività fisica migliora la salute, contrasta lo sviluppo dei tumori, coadiuva le terapie antitumorali

A cura della Prof.ssa Lilliana Ciotta

Endocrinologa. Docente Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania

Le recenti linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano la necessità di ridurre al minimo la sedentarietà. Stare seduti o coricati è un fattore di rischio e perciò l’attività fisica è raccomandata a tutte le persone, in qualunque età per migliorare la salute, per contrastare lo sviluppo dei tumori e per coadiuvare le terapie antitumorali, serve l’esercizio fisico, sia nella sua forma aerobica che nella sua forma anaerobica. Servono cioè sia esercizi aerobici (quali la camminata, la corsa, la bicicletta), sia esercizi mirati allo sviluppo ed al mantenimento della forza muscolare (quali piegamenti  sulle ginocchia, esercizi con resistenze e sovraccarichi adeguati).

Il termine aerobico indica un tipo di metabolismo nel quale l’organismo ricorre all’ossigeno e al glucosio per produrre energia. Il termine anaerobico indica che l’organismo, allorché aumenta l’intensità dell’esercizio fisico, non ricevendo più sufficiente ossigeno, per produrre energia ricorre a vie metaboliche diverse, che utilizzano soprattutto il glicogeno (la nostra riserva di carboidrati, presente soprattutto nel fegato e nei muscoli).

Prevenire il tumore con l’attività fisica

Ruolo dell’attività fisica nel recupero dopo malattia. Che l’attività fisica contribuisca a diminuire il rischio di cancro è ben noto, e molti studi documentano l’associazione inversa, a livello di popolazione, fra attività fisica e incidenza dei tumori. Numerosi studi hanno con chiarezza stabilito il ruolo protettivo svolto dall’esercizio fisico nel ridurre il rischio di tumore al seno, al polmone, all’endometrio, al colon, al rene e alla prostata. Il passaggio da una vita sedentaria ad una attività fisica moderata per almeno 150 minuti alla settimana (livello minimo di esercizio fisico raccomandato dall’OMS) è associato a una riduzione del rischio di morte per qualunque causa del 24%, e di morte per cancro dell’11%.

Su un lavoro pubblicato sulla rivista “Cancer”, nel 2019, emerge che gli individui che praticavano regolare attività fisica hanno presentato un rischio nettamente più basso, rispetto ai sedentari, di sviluppare un cancro al polmone o al colon retto rispettivamente del 77% e del 61% in meno. Inoltre, nelle persone che hanno sviluppato un tumore al polmone, quelle che praticavano attività fisica hanno riscontrato un pericolo ridotto del 44% di morire a causa della malattia. Dopo malattia, va selezionata la modalità di attività fisica più idonea a quel singolo individuo, prescrivendo l’esercizio fisico nella giusta intensità.

Occorre cioè una corretta personalizzazione del programma di attività fisica. È opportuno iniziare l’attività fisica in modo graduale, mantenendo poi i risultati acquisiti e non interrompendola mai del tutto. Il livello minimo suggerito è di 90 minuti settimanali di attività fisica aerobica, di intensità moderata (camminata, fit walking, corsa lenta, bici, ballo, ecc). In alternativa, si possono svolgere 45 minuti di attività fisica aerobica a maggiore intensità, oppure una combinazione equivalente di attività fisica moderata  e vigorosa (per esempio, 60 minuti di attività moderata e 15 minuti di attività piu’ intensa).

È comunque consigliabile aggiungere  almeno due  volte alla settimana attivita’ di esercizi di forza e di flessibilità muscolare. Gli esercizi di forza sono rappresentati in genere da esercizi di tonificazione  e di sviluppo dei vari distretti muscolo-scheletrici  (spalle, tronco, addome, braccia, gambe): esercizi di corpo libero, con e senza isometria.  L’aggiunta di pesetti leggeri (1 o 2 chilogrammi) può potenziare  l’efficacia degli esercizi.  La flessibilità muscolare ed articolare si avvantaggia di programmi di stretching, ma anche di tecniche quali il pilates e lo yoga.

Naturalmente, occorre tenere presente le condizioni di limitazioni dovute agli esiti delle terapie o alla presenza di catetere o colostomia. La “Preahabilitation” (Preabilitazione) ha l’obbiettivo di preparare il paziente affetto da cancro alle varie terapie attraverso la regolazione dell’alimentazione, la prescrizione di esercizio fisico ed il sostegno psicologico. La “ Preabilitazione” promuove nel paziente oncologico un senso di controllo delle risorse personali, e attiva un processo di motivazione, attraverso interventi che sviluppano la resilienza fisica e psicologica.

L’esercizio fisico durante la terapia

Nel passato, l’esercizio fisico non era riconosciuto come una parte integrante nella cura del cancro. Anzi, veniva sconsigliato, ritenendo che i malati di cancro sottoposti a chemioterapie e ad altre terapie dovessero evitare qualunque sforzo. Tuttavia, già alla fine degli anni ‘80 uno studio randomizzato su donne sottoposte a chemioterapia adiuvante (ossia la terapia successiva all’intervento operatorio) per  tumore alla mammella (tumore esteso a mammella o a linfonodi vicini, Stadio II), evidenziava che più di 8 settimane di esercizio aerobico miglioravano la capacità di svolgere compiti che richiedevano uno sforzo fisico, e riducevano la nausea indotta dalla chemioterapia.

Da allora, numerosi studi hanno documentato gli  effetti positivi dell’esercizio fisico  su pazienti sottoposti a chemioterapia, o a radioterapia, o ad entrambe, per diversi tipo di cancro. L’attività fisica è utile al paziente sia a breve che a lungo termine durante le terapie tumorali. A breve termine, l’attività fisica porta un incremento del flusso sanguigno e della temperatura, uno stimolo sul sistema nervoso simpatico e ad una regolazione ormonale che induce un maggiore danno alle cellule tumorali. Ciò e’ confermato da numerosi studi osservazionali, nei quali si evidenzia, in pazienti tumorali che hanno superato un tumore al colon, al seno, alla prostata, una chiara relazione fra attività fisica e diminuzione della mortalità specifica per cancro.

La quantità e l’intensità dell’esercizio debbono necessariamente essere commisurate all’età del paziente, ad eventuali patologie concomitanti, nonché in base alla tipologia del tumore. Si è osservata, ad esempio, una diminuzione della mortalità per cancro al seno con l’equivalente di 3 ore di camminata alla settimana, e una diminuzione della mortalità per cancro al colon con 6 ore di camminata a settimana. Anche l’aspetto psicologico si avvantaggia notevolmente da una regolare attività fisica.

È noto da tempo come questa, sia aerobica che anaerobica, determina il rilascio di endorfine (le molecole endogene della “ Felicità”), riduce  i livelli di cortisolo (se non eccessivamente intensa), migliora la funzione tiroidea. Tutto ciò si riflette in un migliore risposta ad agenti stressanti, sia esterni che interni, aumenta l’autostima e la fiducia nelle terapie, migliora l’umore di base e la qualità del sonno. Tutti elementi molto importanti, sia nel paziente oncologico che nel paziente ex oncologico.

In conclusione, in base alle attuali conoscenze, l’attivita fisica può e deve considerarsi come parte integrante di un approccio terapeutico nei tumori, prescritto in parallelo con le varie terapie tumorali, ed eseguita, almeno inizialmente, in ambiente ospedaliero o comunque specialistico. Fondamentali le misurazioni obbiettive dello stato fisico del paziente, la formulazione di un programma di esercizio fisico assolutamente personalizzato, nonché l’attenta valutazione  della corretta progressione del carico di allenamento.

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